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giovedì 23 luglio 2009

Campania: il mare perduto


I bagnanti scappano dalle spiagge campane: il 70% in meno secondo gli operatori turistici. La causa è l’inquinamento ormai decennale delle coste campane, causato dal malfunzionamento cronico e doloso dei cinque grandi depuratori gestiti da Hydrogest. Una nuova emergenza che si somma a quella già devastante dei rifiuti.

In Campania è la nuova emergenza ambientale.
Legambiente ha conferito la bandiera nera alla Regione per le coste più inquinate d’Italia. Dopo anni di denunce mai prese in considerazione dalle istituzioni preposte, è accaduto ciò che prima o poi doveva necessariamente accadere: le spiagge napoletane e casertane sono deserte, la gente ha paura di farsi il bagno a causa della protesta di metà giugno degli operai del depuratore di Cuma, che aprirono per tre giorni ininterrotti i canali di scarico.Da quel momento in poi hanno cominciato a girare voci incontrollate che parlano di bolle coi vermi sulla pelle di chi si tuffa nelle acque flegree e di misteriosi decessi di bambini avvenuti a Monte di Procida dopo aver fatto il bagno.Il risultato è un calo del 70% delle presenze turistiche negli stabilimenti balneari del litorale flegreo e domitio. La stagione estiva può così dirsi rovinata e i primi licenziamenti di personale che i gestori dei lidi stanno effettuando in questi giorni ne sono l’inevitabile conseguenza.Anche la pesca è stata messa in crisi. A Pozzuoli sono comparsi alcuni cartelli che annunciano: “Qui non si vende pesce locale” e il famoso mercato ittico cittadino sta andando in crisi. I pescatori non vogliono più lavorare in acque che puzzano di fogna per recuperare del pescato di bassa qualità, e che quindi non li ripagherà dei costi globali della loro attività.Accusano anche il Ministro leghista Luca Zaia di favorire le attività ittiche del Mare Adriatico, a causa dello stop della pesca da lui imposto per il mese di settembre nelle acque del Sud.Le voci della malattia vengono alimentate anche da farmacisti, medici, pediatri che segnalano l’ospedale Cotugno di Napoli come il principale punto di ricovero dei pazienti con le pustole sulla pelle da cui fuoriescono vermiciattoli. Uno scenario raccapricciante. Il direttore del Cotugno, tuttavia, ha voluto subito smentire queste voci dichiarandole del tutto prive di fondamento, in quanto non risultano casi di questa misteriosa malattia al pronto soccorso.La colpa del disastro ambientale, economico e sociale, è dei depuratori, o meglio di chi li gestisce. Ne sono cinque, più una pompa di sollevamento situata ad Orta di Atella, controllati dall’azienda Hydrogest per il 90%. Nessuno funziona in modo efficiente o almeno sufficiente.Il depuratore dell’Area Nord, quello che dovrebbe dare lustro alla costa di San Giovanni a Teduccio, funziona al 10%. Alcuni Comuni del vesuviano non sono nemmeno collegati ai collettori e scaricano tutto a mare. Le attrezzature dell’impianto poi sono vecchie di 20 anni, i dissabbiatori e le centrifughe sono usurati. I fanghi non vengono smaltiti con regolarità e dunque rimangono ingabbiati nei digestori, che tuttavia possono contenerli per due settimane al massimo. Così vengono gettati in mare.

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